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STORIE

Rossana Orlandi

CI VUOLE SOLO INTUITO

DI Simone Zeni

20 March 2015

di Simone Zeni

Foto di Matteo Cherubini

Nel 2002 Rossana Orlandi ha avuto l’intuizione delle intuizioni: trasformare una ex fabbrica di cravatte milanese con sede centrale, in via Bandello 14/16, in una delle mete più importanti del design e della cultura a Milano. Da lì è stata una crescita costante, grazie all’accuratissima ricerca internazionale che lei cura personalmente, pur avvalendosi di fidati e preziosi collaboratori. Uno spazio per il design e l’arte, ma anche per mangiare all’insegna del gusto impeccabile tra pezzi unici e limited edition.

Signora Orlandi, il suo fiuto e le conseguenti conferme come talent scout sono ormai leggendari. Come ha capito di avere uno speciale talento per riconoscere il valore di un pezzo d’arte come di design?

L’ho capito osservando semplicemente l’interesse e l’attenzione che suscitavano i progetti dei giovani designer che, di anno in anno, proponevo nella mia galleria e che oggi lavorano con le gallerie internazionali più importanti e con i grandi marchi del design mondiale.

Gallerista è forse riduttivo: come definisce esattamente la sua professione?

Sono sicuramente una gallerista, proprio in virtù del fatto che questo termine racchiude in sé numerose altre attività. Io amo scoprire e lanciare nuovi talenti, sviluppando una continua ricerca in giro per tutto il mondo, costruendo uno stretto rapporto con i designer che si affacciano per la prima volta sulla scena.

Lo Spazio Rossana Orlandi è una destinazione d’obbligo per tutti gli amanti del design che passano da Milano. Ci racconta com’è nato tutto?

Sono sempre stata una collezionista di design, anche quando lavoravo nella moda. Tredici anni fa ho trovato questo spazio magico: è stato un processo molto naturale quello che mi ha portato a trasformarlo in una inedita galleria di design, anche grazie alla collaborazione dei miei amici designer che hanno compreso e condiviso fin da subito l’atmosfera dello spazio, il nuovo linguaggio espositivo dove tutto può dialogare con un filo conduttore.

Qual è stato il primo evento che ha organizzato? Cosa si ricorda in particolare di quell’occasione?

È stata una mostra fotografica curata da mia figlia Nicoletta dal titolo Il Corpo Immaginato. Erano tutti molto giovani e pieni di energia e credo che quella esperienza abbia consolidato il mio desiderio di dare vita a uno spazio orientato principalmente in quella direzione. Questo atteggiamento di apertura l’ho sempre coltivato anche nella mia precedente vita lavorativa, per esempio coinvolgendo per la prima volta in Italia importanti scuole internazionali come la Central Saint Martins School di Londra.

Come si spiega l’immediato successo, sempre rinnovato, che ha avuto la sua galleria?

Credo siano l’intuizione, la curiosità, la condivisione e l’entusiasmo che mi hanno sempre accompagnato in tutti questi anni e che ancora sono il motore della mia galleria e di ogni mia scelta.

Come definirebbe il suo rapporto personale con il design? E quello con l’arte?

È una grande passione che è cresciuta con la conoscenza e l’amore per il bello. Inoltre, in tutta onestà, pensando ad alcuni talenti con cui ho collaborato e con cui collaboro, devo dire che trovo molto difficile fare una vera distinzione tra arte e design.

Sono molte le grandi firme che sono passate dallo Spazio Rossana Orlandi quando erano ancora agli inizi. Ci sono dei nomi più di altri, tra le star del design, che ricorda essere arrivati da lei come sconosciuti?

Moltissimi a dire il vero: Maarten Baas, Nacho Carbonell, Nika Zupanc, Front Design, Formafantasma, Manuela Crotti, Sebastian Wrong, Scholten and Baijings, Enrico Marone Cinzano. E poi c’è Piet Hein Eek, che sono stata la prima a proporre al di fuori dell’Olanda e che in questi anni si è sicuramente affermato come uno dei designer e produttori più interessanti del panorama internazionale.

E tra i giovani designer che hanno esposto più di recente, ce n’è qualcuno che è particolarmente orgogliosa di aver scelto?

Sono molto fiduciosa nei confronti delle giovani leve della mia galleria, penso a Damiano Spelta, Alcarol, Umzikim, Hillsideout, Jan and Henry, Studio Deform, Sander Wassink e a Wonmin Park.

Che cosa possiamo vedere in questo momento presso lo Spazio Rossana Orlandi che si sente di segnalare?

La grande novità è la riapertura del mio ristorante che cambia nome, da Pane e Acqua a Marta. Sarà gestito da Marta Pulini di Bibendum, che porterà la sua filosofia nella galleria: cucina di piccole porzioni, leggera e con pochi grassi, che non trasforma eccessivamente gli ingredienti preservandone la fragranza e l’integrità.

E ci può già anticipare cosa succederà nello spazio durante il Fuorisalone 2015?

Avremo, come sempre, una selezione molto varia che spazierà da giovanissimi talenti come Marjan Van Aubel, Jolan Van Der Wiel, Umzikim, e YOY fino a designer e brand conosciuti come Scholten and Baijings, Se from London e, per la prima volta, Gufram, marchio storico del design italiano che ho sempre amato moltissimo.

Quali sono i suoi criteri per scegliere ciò che è meritevole di essere esposto e cosa no?

Una sola parola: intuito.

C’è un designer, un artista diventato molto di moda o dal talent indiscusso che si è affermato senza incrociare Rossana Orlandi e che avrebbe voluto scoprire ed esporre?

Certamente, Leonardo Da Vinci.

Lo Spazio Rossana Orlandi si trova nella centralissima via Matteo Bandello, vicino al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia, poco distante da corso Magenta. Come descriverebbe questa zona? Come si relaziona la sua galleria con il contesto che la circonda?

Leonardo Da Vinci, vestigia romane e medievali, la Basilica di Sant’Ambrogio e la mia galleria dedicata alla creatività contemporanea, cosa volere di più?

Quale zona di Milano l’affascina o la interessa di più in questo momento?

Sicuramente quella di Porta Nuova e non solo come luogo di accesso preferenziale al vicinissimo Expo, ma per tutti i suoi nuovi grattacieli che hanno finalmente donato uno skyline a Milano. Tra tutti mi entusiasma particolarmente il Bosco Verticale, il progetto di Stefano Boeri che ha riportato Milano al centro dell’architettura internazionale vincendo il premio International Highrise Award.

C’è un altro quartiere o uno scorcio di Milano cui è più affezionata?

Sono affezionata a una passeggiata: quella che parte dal Castello Sforzesco, così ricco di storia, attraversa il ParcoSempione, dove spesso porto a giocare i miei nipotini, e arriva alla Triennale, l’Istituzione più importante per il Design e l’Architettura di Milano.

Cosa le piace di Milano? Cosa invece proprio non riesce a sopportare?

Milano è una città che non ama mostrare la sua vera anima e dove la discrezione è una regola, ma al tempo stesso è un punto di incontro di persone eccezionali che tutto il mondo ci invidia. Al contempo riesce a essere una metropoli che a volte si prende davvero troppo sul serio, ha dimenticato l’ironia e l’entusiasmo di un tempo, come se ci fossimo persi sotto una cappa di incertezza e paura.

Se dovesse dare un consiglio all’amministrazione su un primo cambiamento necessario per migliorare la vita dei milanesi, cosa suggerirebbe?

Non c’è dubbio: la manutenzione delle strade e dei marciapiedi. È diventato davvero pericoloso andare in giro per la città sia in macchina sia a piedi per colpa delle buche e dei marciapiedi sconnessi.

Expo è alle porte: come si pone nei confronti di questo grande evento?

Con un misto di paura e grande entusiasmo. Sono comunque molto ottimista perché, almeno in questo, gli italiani sono unici al mondo, nonostante le mille difficoltà e i nostri mille difetti noi saremo sicuramente in grado di cavarcela e di sorprendere tutti.

Come si presenterà lo Spazio Rossana Orlandi all’Esposizione Universale che è tanto vicino?

Ci presenteremo con un club, un luogo dove incontrarsi e incontrare le mille eccellenze che caratterizzano il nostro essere italiani, un posto dove vivere veramente il design e la cultura.

Intervista pubblicata su Club Milano 25, marzo – aprile 2015. Clicca qui per scaricare il magazine.

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