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LIFESTYLE

Non si finisce mai

Di imparare non si finisce mai, come sostiene il principio del “lifelong learning”, responsabilizzandoci anche come singoli attivi nel processo di apprendimento permanente. Eppure ogni volta che pensiamo ai maestri, la mente corre veloce alla scuola e a quegli insegnanti che lì abbiamo conosciuto per primi.

DI Marilena Roncarà

28 October 2020

Quando pensiamo ai maestri, una delle associazioni che arriva veloce è quella che ci riporta indietro agli anni della scuola, a ritrovare il nome di qualche insegnante che abbiamo incontrato sulla nostra strada e il cui ricordo ci è rimasto appiccicato addosso anche con il passare del tempo. Nei casi migliori si tratta di qualcuno che ha visto quella luce più o meno tremula e fioca che ci si agitava dentro e ha cercato di trovare strumenti, modalità e nutrimento per portarla fuori e farla fiorire. In fondo educare viene da e-duco, che vuol dire “trarre fuori” ed è proprio questo che fanno (o dovrebbero fare) le scuole di diverso ordine e grado, tirare su, trarre da bambini e ragazzi quello che hanno dentro e prepararli ad avere un punto di vista, a comprendere, per il loro valore, la complessità di sistemi simbolici e culturali, a maturare il senso del bello, a conferire senso alla vita.

Un esempio forte in questo senso è quello che ci racconta Massimo Recalcati, uno dei più noti psicoanalisti italiani contemporanei, nel libro L’ora di lezione. Qui la protagonista è la professoressa Giulia che arriva nella sua classe dell’Istituto Agrario di Quarto Oggiaro parlando di letteratura e di poesia con una passione sconosciuta e così facendo dà vita a un piccolo miracolo. Improvvisamente i libri da oggetti grigi e detestati, diventano insieme alla conoscenza fonti di passione, tanto che, sottolinea l’autore, è stato proprio quell’incontro “a salvarlo” in una stagione che “era quella del terrorismo, della droga e dei sogni di Oriente”. Scuola Honduras. Foto di Carli Jeen da Unsplash

Ad altri, magari meno fortunati negli incontri, sarà invece capitato di andare a ricercarli, i maestri, nei grandi del passato, nei libri o nel cinema, come nel caso dell’attrice Tilda Swinton che ritirando il leone d’oro alla carriera alla Biennale di Venezia 2020 ha dichiarato: «Il cinema è il mio luogo felice, la mia madrepatria. I nomi di coloro cui è stata tributata questa onorificenza sono i miei maestri. Sono le persone anziane della mia tribù. Sono i poeti del linguaggio che amo sopra tutti gli altri».

Ma talvolta i media, soprattutto quelli di massa, si possono anche rivelare dei “cattivi maestri” e di questo, a metà degli anni Novanta, ne aveva parlato diffusamente il filosofo austriaco Karl Popper nel suo saggio Cattiva maestra televisione, che attribuiva alla televisione la capacità di agire in maniera inconscia sul pubblico, spingendolo ad adeguarsi in modo passivo a certi standard di opinione e di comportamento. Come a metterci in guardia rispetto a quello che sta succedendo ora, quando districarsi tra fake news e interpretazioni varie, non è poi così scontato.

Bisogna però precisare che ai suoi esordi la nostra televisione è stata anche quella che ha contribuito a diffondere l’uso della lingua italiana nel Belpaese, prima negli anni Cinquanta con Lascia e raddoppia e poi dal 1960 al 1968 con il programma Non è mai troppo tardi in cui il maestro Alberto Manzi insegnava le nozioni di base dell’italiano a coloro, che pur avendo superato l’età scolare, non le conoscevano. Come a dire che la televisione resta pur sempre un mezzo e che la differenza è l’uso che se ne fa.

Per non perdere la bussola e soprattutto per maturare un senso e un pensiero critico torna di nuovo centrale il tema dell’educazione scolastica che quest’anno, messa pure lei a dura prova dalla pandemia, ha dovuto reinventarsi a tutti i livelli scoprendo la didattica a distanza e arrivando, nei casi più estremi, a sostituire gli insegnanti con registrazioni o dispense online. Tuttavia il rapporto diretto tra bambini, studenti, giovani adulti che si presentano in aula non solo per avere informazioni, ma soprattutto per vivere la formazione e formarsi alla vita, grazie appunto a un maestro, resta insostituibile. E questo piccolo grande miracolo in grado di allargare gli orizzonti e moltiplicare le visioni si rinnova pure nel nostro quotidiano cammino di adulti, sia che ci capiti di incrociare un nuovo maestro, sia conservandoci attivi e ricettivi rispetto alla vita e ai suoi insegnamenti.

In apertura:  Chiostro di San Giovanni in Monte, ora sede di tre dipartimenti dell’Università Alma Mater Studiorum di Bologna, considerata da molteplici fonti la più antica università del mondo tuttora attiva. Foto di Carlo Pelagalli

Articolo pubblicato su Club Milano 58 settembre – ottobre 2020. Clicca qui per scaricare il magazine.

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