Il PAC di Milano dedica la prima retrospettiva italiana al duo Lovett/Codagnone: un viaggio tra performance, fotografia e installazioni che esplora potere, identità e desiderio. In mostra oltre trent’anni di ricerca radicale e viscerale
DI MARCO TORCASIO
21 July 2025
Al PAC di Milano, fino al 14 settembre 2025, va in scena un’esposizione tanto necessaria quanto potente: I Only Want You to Love Me è la prima antologica italiana dedicata al duo artistico Lovett/Codagnone, a cura di Diego Sileo, che spiega: «Lovett/Codagnone hanno anticipato, con una lucidità quasi profetica, molte delle questioni più urgenti del nostro presente: identità, desiderio, potere, rappresentazione. Questa mostra è un atto d’amore e di riconoscimento verso due artisti che hanno fatto della vulnerabilità una forma di militanza estetica».
Il percorso è denso, stratificato, a tratti vertiginoso, e attraversa tre decenni di ricerca e restituisce al pubblico la complessità poetica, politica ed emotiva di una delle coppie più radicali dell’arte contemporanea.
Il titolo della mostra, una frase che è già dichiarazione emotiva e affermazione identitaria, richiama il film omonimo di Rainer Werner Fassbinder, figura centrale nella formazione dei due artisti, ma qui diventa anche manifesto di un’intera visione del mondo. L’amore, per Lovett/Codagnone, non è mai semplice. È campo di tensione, desiderio che spinge alla disobbedienza, esercizio di resistenza affettiva.
John Lovett (Allentown, Pennsylvania, 1962) e Alessandro Codagnone (Milano, 1967 – New York, 2019) si incontrano a metà anni Novanta e danno vita, nel 1995, a una collaborazione artistica che è al contempo partnership intima e laboratorio di idee. Lovett viene dalla fotografia, Codagnone dal video. Uniti da una sensibilità comune verso le poetiche del corpo e della soggettività, cominciano a indagare attraverso performance, installazioni, fotografie e opere sonore le dinamiche di potere che attraversano le relazioni umane, le identità sessuali, le istituzioni.
Nel loro lavoro confluiscono riferimenti colti, Fassbinder, Artaud, Brecht, ma anche linguaggi pop, musica punk, codici della sottocultura BDSM. La loro cifra è quella di una continua messa in discussione del visibile: la nudità, l’abbraccio, il dolore, la forza, l’erotismo sono trattati non come icone da osservare, ma come strutture da disarticolare, rivelare e rinegoziare. Lovett/Codagnone sono stati esposti nei maggiori centri d’arte contemporanea al mondo, dal MoMA PS1 al New Museum di New York, fino all’ICA di Philadelphia e Boston.
La mostra al PAC è costruita come un archivio vivente, un atlante della loro ricerca. Si apre con Love Vigilantes (2007), skyline di specchi neri attraversati da citazioni insurrezionali, e Stripped (2006), una bandiera americana privata di ogni simbolo: nero su nero, silenziosa come un drappo funebre. La rivolta estetica e affettiva è già in atto. A questa logica appartiene anche Make Anarchy and Disorder Your Trademarks (2012), con la A anarchica trapuntata su tessuto: il grido si fa sussurro, la politica diventa texture.
Le sale successive approfondiscono le molteplici identità del duo: Truth Is Born of the Times, not of Authority trasforma una struttura carceraria in opera sonora e concettuale, con filo spinato che trasmette la voce dei Candidate (band fondata dagli artisti stessi) e frammenti dal Galileo di Brecht. Il corpo queer, vulnerabile ma irriducibile, è al centro delle serie fotografiche After Roxy e Greetings, dove Lovett e Codagnone si ritraggono tra leather e ambienti domestici, sottraendo la performatività sessuale allo stereotipo e alla marginalità.
Il cuore pulsante dell’esposizione è I Only Want You to Love Me (2004–2025), opera neon che trasforma una supplica d’amore in un atto pubblico, come un’insegna pubblicitaria che chiede attenzione e compassione, ma allo stesso tempo si impone come icona. Il tema del dominio e della sua reversibilità attraversa anche il video Perfect Day (1998): un boa che divora lentamente un ratto incinta, sulle note di Lou Reed, mentre lo spettatore è costretto a confrontarsi con l’ambiguità della predazione.
Molte opere della mostra ribaltano codici comuni: la luce non è salvezza ma controllo (In Darkness There Is No Sin), la casa non è rifugio ma spazio di conflitto (XXX), il linguaggio si fa arma affilata (Walk in Silence). Una delle sezioni più intense è quella dedicata alla performance For You (2003), rievocata in video: due ballerini si muovono su una piattaforma rotante, un coltello tra i denti. È la danza dell’amore e del rischio, dell’equilibrio precario tra intimità e violenza.
La mostra è anche un atto di memoria. Dedicata ad Alessandro Codagnone, scomparso nel 2019, celebra un sodalizio che ha saputo portare avanti una forma d’arte capace di agire sulle soglie tra arte e vita, estetica e politica, privato e collettivo. Il PAC diventa così non solo luogo espositivo, ma spazio rituale di elaborazione, gratitudine e trasmissione. Non a caso, in dialogo con l’antologica, è allestita nella Project Room la mostra Matrimoni imperfetti, dedicata all’Archivio della Galleria Emi Fontana, altra figura chiave della scena artistica milanese degli anni Novanta e Duemila.
Il titolo I Only Want You to Love Me suona, in ultima istanza, come una dichiarazione universale e disarmante. In un mondo che ancora fatica ad accogliere l’alterità, Lovett/Codagnone ci ricordano che l’amore, come l’arte, può essere un’arma gentile. Ma solo se ha il coraggio di rivelarsi.
Lovett/Codagnone
I Only Want You to Love Me
A cura di Diego Sileo
Fino al 14 settembre 2025
PAC Padiglione d’Arte Contemporanea