Loading...

DESIGN

Andrea Genovesi

Il design ha bisogno di tempo, non di velocità

Giovanissimo ma già con un solido background da restauratore ligneo e specialista di design del Novecento, è a capo del nuovo dipartimento di design della casa d’aste milanese Kruso Art. Un punto di riferimento per collezionisti e appassionati, ma anche un luogo di incontro per chi riconosce nel design una forma d’arte capace di raccontare la nostra epoca

DI MARZIA NICOLINI

16 December 2025

Lei arriva dal restauro ligneo: quanto è importante conoscere materiali e tecniche per diventare un collezionista consapevole?

Conoscere materiali e tecniche è decisivo: le essenze lignee, le modalità di curvatura, la qualità di una lucidatura a gommalacca. Le differenti finiture. Sono questi dettagli a rivelare autenticità e valore. Chi è alle prime armi spesso ignora proprio ciò che conta: una giunzione ben eseguita, la coerenza di una finitura, la stabilità della materia nel tempo. Imparare a leggere questi segnali significa diventare collezionisti consapevoli.

C’è un designer del Novecento che considera un riferimento assoluto?

Il mio riferimento assoluto è Gio Ponti, figura cardine del design italiano e mondiale: capace di unire architettura, arti applicate e industria in una visione unica.

Il mercato del design è molto dinamico. Quali trend sta osservando e dove vede crescere l’interesse dei collezionisti under 40?

Oggi c’è un ritorno alla purezza degli anni Cinquanta: oggetti essenziali, intelligenti, mai gridati. Parallelamente cresce l’interesse per l’illuminazione italiana del secondo dopoguerra, perché unisce rigore tecnico e poesia della luce. E poi vedo una nuova attenzione rivolta agli anni Settanta e Ottanta più riflessivi, quelli in cui il progetto diventa racconto, simbolo, colore.

Con l’asta inaugurale del 18 dicembre Kruso Art rende omaggio alla cultura dell’abitare e alle icone del secolo scorso, da Gio Ponti ad Alessandro Mendini. Qual è il filo conduttore?

La selezione intende raccontare il design italiano come percorso attraverso la materia: dalla precisione razionale del primo dopoguerra alle sperimentazioni più libere della seconda metà del secolo. Ogni oggetto mostra come il Novecento abbia trasformato il quotidiano in un linguaggio culturale, riconoscibile e internazionale. Tra i lotti più raffinati in catalogo segnalo un divano in velluto blu di Gio Ponti in cui la purezza delle linee si fonde con la ricercatezza dei materiali, restituendo una visione armonica di eleganza e funzionalità.

Per chi volesse iniziare oggi a collezionare modernariato, da dove è consigliabile partire e quali criteri aiutano a riconoscere un buon pezzo?

Suggerisco di partire da oggetti immediati da leggere: una buona lampada, una sedia ben proporzionata, un piccolo mobile. Queste categorie permettono di allenare l’occhio senza rischi eccessivi. È fondamentale chiedersi sempre se un pezzo è coerente con il tempo in cui nasce e se la sua costruzione racconta un progetto, non solo una forma.

Le aste possono intimorire i neofiti: quali sono le regole fondamentali per prepararsi e leggere correttamente un catalogo?

La preparazione migliore nasce da un mix di osservazione e analisi. Bisogna studiare immagini, confrontare soluzioni, comprendere materiali, ma anche monitorare i prezzi e l’andamento del mercato, per capire quali tipologie stanno crescendo e quali sono stabili. Un budget realistico, insieme alla lettura attenta della scheda tecnica, permette di arrivare in asta con consapevolezza e sicurezza.

Qual è l’errore più comune dei giovani collezionisti? E quale, invece, la scelta più strategica nel medio periodo?

Molti giovani collezionisti inseguono il nome del designer, non l’oggetto. Il rischio, in questo caso, è acquistare un progetto che non rappresenta davvero la qualità del designer. Quanto alla scelta intelligente, consiste nel concentrarsi su oggetti ad alta qualità progettuale, ma non ancora inflazionati: mobili funzionali, sistemi modulari, sedute equilibrate. Sono le categorie che mostrano continuità di valore nel tempo.

Milano è capitale del design: quali luoghi culturali frequenta per ispirarsi e quali sono i suoi luoghi del cuore?

Mi ispirano le case museo, gli archivi, gli studi degli artigiani: luoghi dove la cultura materiale è viva, non esposta. Milano è piena di spazi in cui si percepisce l’intreccio tra progetto, storia e quotidianità. Bastano pochi metri di una strada giusta per ricordarsi perché questa città è un laboratorio. Amo poi la Milano discreta: cortili nascosti, vie dove si leggono ancora le stratificazioni architettoniche, quartieri dove la luce cambia il modo di percepire le forme. Sono luoghi che ricordano quanto la bellezza stia nella misura, più che nel clamore.

Pro e un contro di Milano verso il 2026?

Il pro è la straordinaria vitalità culturale: Milano genera idee, collaborazioni, opportunità. Il contro è la velocità: spesso troppo elevata. Il design richiede tempo, studio e profondità: qualità che la città deve continuare a proteggere.

 

ARTICOLI CORRELATI


Iscriviti alla nostra newsletter
Utilizziamo i nostri cookies, e quelli di terzi, per migliorare la tua esperienza d'acquisto e i nostri servizi analizzando la navigazione dell'utente sul nostro sito web. Se continui a navigare, accetterai l'uso di tali cookies. Per saperne di più, consulta la nostra Politica sui Cookies.