Il critico cinematografico Gianni Canova insegna Storia del Cinema e Filmografia all’Università IULM di Milano, di cui è anche Rettore. Diverse le sue pubblicazioni, a cui oggi si aggiunge “I cento film che sconvolsero il mondo”.
DI SIMONE ZENI
15 March 2022
Dal desiderio di eseguire una ricognizione sugli effetti e sulle mutazioni sociali, culturali, di gusto e di costume che il cinema ha introdotto nel corso del ‘900. La volontà è quella di offrire al pubblico dei lettori un quadro, spero esauriente anche se sintetico, di alcuni degli “sconvolgimenti” innescati dalla settima arte.
Sconvolgere significa mettere sottosopra. Rompere un ordine. Produrre turbamento. Provocare scompiglio. I suoi sinonimi – scombussolare, sconcertare, scompaginare, scompigliare… – gravitano tutti attorno a un campo semantico legato a un’idea di “sovversione”. Sovvertire un canone, mettere radicalmente in discussione un sistema di valori, o un ordine costituito. Ma a che sfera dell’umana esperienza può afferire lo sconvolgimento generato da un film? A quella etica? O estetica? A quella linguistica? O Emozionale? A quella sociale? Forse a tutte quante insieme. Nel fare e rifare decine e decine di volte l’elenco dei 100 film che alla fine sono entrati nell’Olimpo degli “sconvolgenti”, ho cercato di tenere ben presenti tutte le sfere indicate. Ci sono film che hanno sconvolto il mondo perché disturbanti e altri che l’hanno fatto perché incompatibili con le credenze dominanti. Film che hanno oltraggiato la morale e altri che hanno aggredito il presunto “comune senso del pudore”. Ci sono poi film che hanno generato emozioni estetiche inaudite, film che hanno ribaltato l’idea stessa di bellezza, film che hanno rovesciato i codici con cui siamo soliti classificare e perimetrare il mondo.
Il cinema italiano è molto presente. Ci sono naturalmente i maestri: Rossellini, De Sica, Fellini, Antonioni, Visconti, Pasolini, Bertolucci, Bellocchio, Leone, Petri, Ferreri. Ci sono però anche autori “scandalosi” come il Samperi di Malizia, il Brass di La chiave, i Cipri e Maresco di Lo zio di Brooklyn. Tra i contemporanei non potevano mancare Paolo Sorrentino e Matteo Garrone.
Ce n’è più di uno. The Truman Show, ad esempio. O Avatar di James Cameron. O Inception di Christopher Nolan. Non c’è, ad esempio, un solo film del mio amato Brian De Palma. Avrei voluto inserire almeno Carrie lo sguardo di Satana, o Omicidio a luci rosse… Non ci sono film di autori che pure adoro come Carl Theodor Dreyer, Robert Bresson, Akira Kurosawa, Andrej Tarkovskij, Aki Kaurismäki, Krzysztof Kie?lowski, Pedro Almodóvar. Mi chiedo, ora che l’elenco è chiuso e il libro è stampato, come è possibile che non ci siano. Ma subito dopo mi domando: chi avrei potuto e forse dovuto scartare per far posto ad almeno qualcuno di loro? Il gioco è interessante e, se vuole, lo potrà proseguire il lettore.
Credo voglia dire cercare di trasmettere una passione. Far conoscere un dispositivo che ha regalato e regala a tutti emozioni ineguagliabili. Nella consapevolezza maturata in decenni di studio e di insegnamento che non c’è nulla che liberi la testa come il cinema.
Il cinema ha amato Milano e ha offerto alla città ritratti impagabili, consentendole di capirsi meglio. I cittadini milanesi hanno amato e amano il cinema, il pubblico di Milano è a detta di tutti il più colto, sensibile e preparato di tutto il Paese. Chi non ha amato il cinema, purtroppo, è la politica. I politici milanesi hanno fatto poco o nulla per sostenere il cinema, all’inizio degli anni ’90 hanno lasciato chiudere senza batter ciglio una sala storica come l’Obraz di Largo La Foppa, in cui si sono formate generazioni di appassionati cinefili e di professionisti del settore. Milano continua a essere una delle poche città europee che per il cinema fa poco o nulla, non c’è una Film Commission e fra gli assessori alla cultura degli ultimi vent’anni non ce n’è stato uno, uno solo, che fosse davvero appassionato di cinema.
Sì, ma non lo rivelerò mai. I luoghi del cuore sono come gli amori: vanno protetti da sguardi indiscreti. Io non sono un fautore della trasparenza: il cinema mi ha insegnato ad amare l’ombra, il segreto e l’opacità.
Foto di Margutti