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CINEMA

Paolo Mereghetti

Un cinefilo ecumenico

UN CINEFILO ECUMENICO

DI SIMONE ZENI

10 June 2014

Il suo è un cognome tipicamente milanese. Che rapporto ha con questa città?

Ci sono nato e ci vivo e non sarei capace di farne a meno. Certo, ci vedo anche i limiti e i difetti – usando un eufemismo direi che la vita culturale di questo nuovo millennio fa molto rimpiangere quella degli anni Sessanta o Settanta, quando cominciavo a scoprire il cinema e il teatro – però ogni tanto arriva qualche segnale di rinascita. Come l’imprenditore privato che ha deciso di pagare di tasca propria la possibilità che quest’anno si potesse fare ancora una volta la rassegna Cannes a Milano, visto che l’assessorato alla cultura della Provincia aveva deciso di non finanziarlo.

C’è un quartiere o un luogo della città che preferisce?

Vivo tra le colonne di San Lorenzo e Corso Genova e quel quartiere mi piace  moltissimo: c’è ancora una vita a misura d’uomo, dove si saluta il macellaio e ci si ritrova al bar per il caffè della mattina. Mi dà l’impressione di vivere in un piccolo villaggio e la cosa mi mette molto a mio agio.

Parliamo del Festival di Cannes: quali sono le pellicole della rassegna che ritiene più interessanti?

Il concorso ha proposto una serie di nomi che di solito sono garanzia di buon cinema: i fratelli Dardenne, Mike Leigh, Cronenberg, Assayas. Mi hanno incuriosito The Search di Hazanavicius – che è una specie di remake di Odissea Tragica di Zinnemann, che ho amato tantissimo – ma anche il film di Bennett Miller. Naturalmente ho tifato per Alice Rohrwacher. 

Nicole Kidman, al festival con il film Grace di Monaco, non è stata che una delle numerose protagoniste di questa edizione. Anche l’Italia ha partecipato con due donne: oltre ad Alice Rohrwacher e il suo Le meraviglie – che nel cast vede la sorella Alba e Monica Bellucci – per cui ha dichiarato di aver tifato, c’era Asia Argento, presente nella sezione Un certain regard con il suo Incompresa. Cosa pensa delle due registe? Come vede il panorama cinematografico italiano femminile?

Penso che Alice Rohrwacher sia una bella certezza per il cinema italiano, anche se ha diretto solo due lungometraggi. Ha una sensibilità, una delicatezza ma anche una lucidità, davvero esemplari. Asia Argento è più altalenante, a volte convince, altre meno. In ogni caso non mi sembra che «l’altra parte del cielo» cinematografico stia attraversando un grande periodo. Ne abbiamo di registe donne: le Comencini, l’Archibugi, la De Lillo, Valia Santelle, Maria Sole Tognazzi per fare solo qualche nome, ma sono sempre viste un po’ come “eccezioni”, mosche bianche. Fanno fatica a essere considerate senza connotazioni di genere.

È recentemente uscito Il Mereghetti. Dizionario dei film 2014, il celebre volume che porta il suo nome edito da Baldini & Castoldi, che molti estimatori attendono con devozione. La nuova edizione aggiornata conta tre volumi e ventottomila schede. Tra i nuovi film inseriti, quale l’ha particolarmente colpita?

Penso di aver fatto un lavoro interessante soprattutto per quanto riguarda i documentari, anche quelli del passato, o sui corti degli autori più famosi. Così come l’inizio di un lavoro di recupero di cinematografie poco frequentate in Italia, come l’indiana o la giapponese. Ma non posso dire di essere interessato più da questo o dal quel film: la mia ambizione è di essere il più ecumenico possibile.

Ci sono anche ben 416 pellicole a quattro stelle. Tra queste, ce ne sono alcune che nelle edizioni precedenti contavano un numero inferiore di stelle, quali sono quelli che ha ritenuto indispensabile “promuovere”?

Per esempio alcuni film dei Coen o Le quattro verità di Frammartino o, tornando più indietro, Tutti a casa di Comencini e L’esorcista di Friedkin. Più aumenta la distanza dalla prima visione più si capiscono i meriti o i difetti dei film. Posso già aggiungere che nella prossima edizione saliranno a quattro stelle film come Narciso nero di Powelle Pressburger o Una donna sotto influenza di Cassavetes. E le revisioni non finiranno qui. 

E che ci dice de La Grande Bellezza?

Mi sembra un film sopravvalutato, con delle belle intuizioni visive, alcuni personaggi che si stagliano nella memoria – penso soprattutto alla Ramona di Sabrina Ferilli – ma anche una sceneggiatura a tratti ridondante, con dialoghi compiaciuti di sé. E l’Oscar ha innescato un tifo che ormai impedisce ogni seria valutazione critica. Io personalmente preferisco di gran lunga Il divo.

Tra tutti i film ambientati nel capoluogo meneghino, ce n’è uno che più degli altri è rimasto nel suo cuore?

Decisamente La vita agra di Carlo Lizzani.

 

Intervista pubblicata su Club Milano 20, maggio – giugno 2014. Clicca qui per scaricare il magazine.

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