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STILI

Pino Lerario

La mia ricetta? Stile, passione e rischio

Quella di Tagliatore è una bella realtà familiare, un’azienda che è cresciuta gradualmente fino a lanciare il proprio marchio negli anni Novanta. Pino Lerario, direttore creativo del brand, ci ha fatto entrare nel suo mondo, svelandoci qualche segreto
 

DI GIULIANO DEIDDA

08 October 2025

Già alla prima collezione Tagliatore dava l’idea di essere un brand maturo, dalla visione decisa e coraggiosa. Da dove nasceva questa consapevolezza?

Arrivava dalle mie esperienze lavorative in giro per il mondo. Cercavo di prendere sempre il meglio di tutto, i colori della Puglia e poi le linee da Napoli, ma anche dall’America e dall’Inghilterra. Mettendo insieme tutto viene fuori Tagliatore. C’era già dentro la passione e un po’ di rischio, ma circoscritto. Da noi ci si aspetta sempre novità. Amo lo stile inglese, da cui traggo ispirazione, che poi declino su tessuti italiani, più morbidi e leggeri.

Come si è evoluto lo stile Tagliatore col passare degli anni?

Col tempo abbiamo ampliato la brand extension con nuovi prodotti, inclusi gli accessori. Oggi bisogna offrire una proposta dal gusto internazionale, ma bisogna stare attenti a non scontentare i vecchi clienti, che magari cercano ancora i pantaloni stretti. Il consumatore finale non sempre è contento delle evoluzioni. 

Quali sono i pregi e i difetti di lavorare a stretto contatto con la propria famiglia?

Il pregio è la sicurezza a livello aziendale. C’è sempre qualcuno che guarda le spalle. Naturalmente a volte ci si scontra. Io cerco di portare all’azienda positività. Va detto che da noi ognuno ha il proprio ruolo, poi è normale che a volte emergano dei contrasti. Ma come dicevo, c’è totale fiducia e interessi comuni, è tipico delle aziende familiari.

Lei si definisce un direttore creativo completo. Ci vuole parlare del suo metodo di lavoro?

Quando lavoro a una nuova collezione, visualizzo mentalmente i nuovi modelli. Poi realizzo lo schizzo, il modello, e sono sempre io il primo a cucire il prototipo del capo finito per vedere se funziona. Sono tanti i dettagli che possono sfuggire, facendo così ho il massimo controllo. Durante la produzione possono emergere dei problemi. Testo il primo campione personalmente, se necessario lo modifico, a quel punto viene industria- lizzato. Naturalmente si fanno dei controlli anche in fase di produzione.

Cita spesso il suo incontro con Nino Cerruti. Ci racconta come è avvenuto?

Ci siamo conosciuti a Milano Unica allo stand di Lanificio F.lli Cerruti e poco dopo è nata un’amicizia. Quando andavo nella sua azienda mi mostrava i prototipi e mi chiedeva consigli. Lui conosceva il mestiere dall’inizio alla fine, ed io ero ammirato. Ho avuto anche il piacere di averlo in azienda. Ha perfino mangiato le orecchiette.

Qual è il modello più rappresentativo dello stile di Tagliatore?

Sicuramente la giacca Montecarlo, totalmente svuotata, ispirata alla giacca napoletana, ma sen- za rinforzi. Ha la particolarità delle spalle arretrate. Richiama i costumi del Settecento e da dietro è estremamente riconoscibile.

Parliamo dei capi più d’impatto dell’autunno inverno 2025.

Per l’inverno avremo cappotti con linee anni Cinquanta, molto leggeri, con spalline discrete. L’ispirazione è il film C’era una volta in America.

Quali saranno invece gli highlight della primavera estate 2026?

Saranno in collezione diverse giacche con i volumi un po’ più abbondanti sulle spalle, leggermente più larghe del solito ma non over. Fanno riferimento alle giacche anni Novanta, lunghe, dalle spalle importanti, non troppo sciancrate.

La vostra distribuzione globale è capillare e selettiva. Che ruolo gioca lo showroom di Milano a livello strategico?

Rappresenta uno dei migliori investimenti fatti per l’immagine del brand. È uno spazio bellissimo in pieno centro, che abbiamo personalizzato con cura. Ci ha portato tantissimi clienti dall’estero.

Quali saranno gli impatti dei dazi statunitensi per Tagliatore?

Fortunatamente abbiamo contatti con gli Stati Uniti da un anno. È chiaro che si rischia di perdere qualcosa, ma non credo ci siano grossi rischi per il nostro prodotto. Dalla nostra abbiamo l’unicità.

Quando arriverà uno store monomarca?

Sicuramente sarà a Milano. Ci stiamo guardando intorno, non è facile trovare il luogo giusto. In realtà abbiamo già visualizzato qualcosa ma è prematuro parlarne.

Vi sentite tra gli alfieri di una sorta di rinascimento pugliese?

La Puglia vive questo momento da una quindicina d’anni, ma non credo che la moda abbia contribuito più di tanto. Le aziende locali hanno sempre prodotto per altri, credo di essere stato il primo a aver avuto la fortuna di lanciare un mio brand.

Novità all’orizzonte?

Ci saranno e riguarderanno il Giappone, ma non posso dire di più.

Pino Lerario 1

Lo showroom Tagliatore, Palazzo Meroni, in corso Italia 1
In apertura, ritratto di Pino Lerario, direttore creativo di Tagliatore
L’intervista a Pino Lerario è stata pubblicata su Club Milano 76. Clicca qui per sfogliare il magazine.

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