L’eco di molti passi risuona nelle immagini del noto fotografo brasiliano che ha scelto Milano per vivere e lavorare, alternando progetti commerciali a una personalissima ricerca on the road
DI PAOLO CRESPI
17 December 2025
È stata una scelta “esistenziale”: io e mia moglie Micha, giornalista, giravamo spesso nel Vecchio Continente, attratti dallo stile di vita europeo, con tutta la ricchezza delle sue varianti nazionali, grazie anche alla nostra doppia cittadinanza, brasiliana e portoghese. Nel 2018 abbiamo deciso di provare a viverci più stabilmente e istintivamente abbiamo puntato su Milano: una città viva e pulsante, ma non gigantesca (e complicata, per un inserimento da adulti) come Londra o Parigi. Ci siamo sentiti subito a casa. Inizialmente dovevamo fermarci per un anno “sabbatico”, ma poi è arrivata la pandemia… Ed eccoci qui, con nostra figlia che, giunta in Italia piccolissima, ha imparato a leggere e scrivere direttamente nella vostra lingua.
Partiamo dal fatto che Milano è una realtà piccola, geograficamente parlando. E piatta. Dove le cose generalmente funzionano e c’è una vita di quartiere a mezz’ora dal centro. Per la prima volta ho potuto fare a meno dell’auto e muovermi a piedi per raggiungere velocemente senza sforzo qualunque punto in città, che è ben collegata dai trasporti pubblici.
L’esperienza del camminare e scattare durante il percorso è una pratica che mi porto dietro dalla mia vita precedente. Qui ho avuto modo di approfondirla, pubblicando anche un paio di libri a tema, Ci vediamo nell’angolo, risultato di molti giri a zonzo per Milano, e Orbite, ispirato al Parco Orbitale, il progetto utopico dell’architetto Marco Biraghi di unire tutte le aree verdi alle porte della città. Durante la pandemia io e Davide Mari, un collega modenese che poi, ironia della sorte, ha scelto di trasferirsi a San Paolo del Brasile, abbiamo coperto con le nostre immagini l’intero tragitto (un estratto è visibile sul sito orbite.me, NdR). Ora, da solo, sto completando un progetto ambizioso: una ricognizione fatta seguendo l’intero tracciato delle cinque linee della metropolitana, ma viaggiando a piedi, in superficie, da una stazione all’altra. Il mio è anche un atto politico, contro lo strapotere delle automobili.
Premetto che faccio questo mestiere da venticinque anni e, per campare decentemente, privilegio naturalmente i servizi su commissione, dedicandomi alla ricerca nei tempi morti tra un lavoro e l’altro. Ciò che amo di più è ritrarre le persone e raccontare le loro storie, come anche esplorare l’architettura e il nostro rapporto con il paesaggio urbano.
In realtà appartiene alla serie Ferragosto e risale a sei mesi prima. Come neo-milanese non immaginavo che la città si svuotasse a tal punto nel periodo estivo. Ai miei occhi era una sorpresa scioccante, che andava immortalata. E paradossalmente è stata un’anticipazione di ciò che tutti noi stavamo per subire, a livello sociale, come conseguenza del Covid, che ha segnato uno spartiacque. Oggi forse la situazione è un po’ cambiata, ma da allora io e la mia famiglia agosto non lo passiamo più in città.
Ho iniziato nell’era analogica come fotoreporter, grazie all’ingaggio di un quotidiano brasiliano. Prima, per fare pratica, realizzavo piccoli progetti ed ero sempre a corto di soldi da investire sui rullini, che, ricorderai, erano molto costosi. Quando è arrivato il digitale l’ho abbracciato immediatamente, seguendone tutta l’evoluzione. E non sono più tornato indietro. Ci sono molti vantaggi, ma al contrario di quanto comunemente si pensa, la tecnica fotografica oggi è molto più complessa, soprattutto per quanto riguarda la post-produzione. Senza un’eccellente preparazione non si arriva da nessuna parte.
Ovviamente mi interessa, non mi spaventa e sono certo che tutti noi fotografi la utilizziamo già, in un modo o nell’altro. Ma credo anche che camminare ed essere lì, in presenza, per cogliere uno scorcio o un’emozione, non possa essere sostituito da un’immagine generata dall’intelligenza artificiale. In ogni caso, sarebbe un vero peccato non concedersi più questa fantastica esperienza.
L’intervista a Rafa Jacinto è stata pubblicata su Club Milano 76