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STILI

Se n’è andato un punto di riferimento

La scomparsa di Giorgio Armani non può lasciare indifferenti. In questi casi è molto complicato non essere retorici o banali, considerata l’immensa marea di giusti tributi a un protagonista senza il quale il sistema moda come lo conosciamo ora non esisterebbe.

DI GIULIANO DEIDDA

05 September 2025

Poteva essere una delle tante email dell’ufficio stampa di Giorgio Armani quella arrivata ieri poco dopo le 15:00, magari legata alla Mostra del Cinema di Venezia. L’oggetto, che faceva riferimento al “Signor Armani”, era già un campanello d’allarme. Mi è venuta subito in mente Irene Pantone, storica collaboratrice di Re Giorgio fin dagli esordi, che si riferiva a lui in quel modo quando mi riceveva in appuntamento per aiutarmi a scegliere dei capi da utilizzare nei miei servizi fotografici. All’epoca, erano i primi anni Duemila, stavo muovendo i primi passi nell’editoria di moda e avevo una certa soggezione ogni volta che varcavo la soglia dell’allora nuovissimo edificio di via Bergognone, dal rigoroso design che porta la firma dell’architetto Tadao Ando.

Del resto, per chi come me è stato adolescente in provincia negli anni Ottanta, Giorgio Armani rappresentava il sogno milanese. In quel periodo, ogni paio di jeans o T-shirt con l’aquilotto di Emporio che si riusciva a possedere rappresentava un mondo a cui tanti aspiravano. Fra le tante idee e innovazioni a lui riconducibili infatti, c’è che è stato tra i primi stilisti a puntare sul mercato dei giovani, democratizzando la moda con le seconde linee. Uno dei ricordi di quel periodo impressi nella mia memoria è di un pomeriggio autunnale nella seconda metà degli anni Ottanta. Avevo preso un bel voto a scuola e i miei mi avevano regalato i soldi per acquistare un nuovo paio di desert boots di Clarks. Arrivato nel centro della mia città ho visto in una vetrina un paio di cinquetasche in denim nero di Armani Jeans. Probabilmente erano i primi jeans neri che vedevo in vita mia. Non ho resistito, li ho acquistati e ho continuato a usare le Clarks vecchie.

Da ieri si continuano a spendere parole su parole su questo simbolo della moda italiana e non solo. C’è chi condivide ricordi personali, chi ne elenca i successi, chi gli fa i conti in tasca. La verità è che, nonostante avesse 91 anni e, con l’usuale discrezione, avesse rivelato qualche segnale di malessere già da qualche mese, tutti siamo stati presi alla sprovvista. Perché diamo per scontati certi personaggi che fanno parte del nostro mondo e della nostra cultura. Inconsciamente li consideriamo immortali. Questo succede perché ci danno sicurezza, sappiamo cosa aspettarci da loro.

La visione estetica di Giorgio Armani era così, estremamente coerente, rassicurante, ricca di connotazioni ma decifrabile. Il suo approccio allo stile e alla moda era legato a doppio filo al concetto di personalità. Da un lato quella dello stilista, che è essenziale perché una griffe abbia una forte identità. Questo era un valore aggiunto, in particolare in un panorama di continua discontinuità nella direzione creativa delle case di moda, che porta spesso a identità evanescenti. Dall’altro lato, era consapevole che ci sono le diverse personalità di chi sceglie i suoi capi. È proprio alle differenti individualità che erano dedicate le sue collezioni, che si proponevano come un'esplorazione di possibilità, non come una formula preconfezionata da riprodurre.

Giorgio Armani con i modelli della sfilata maschile autunno inverno 2025

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