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FOOD

Ernst Knam

Poco distante da piazza Cinque Giornate, la pasticceria che porta il nome del suo titolare è una vera e propria mecca per gli amanti dei dolci. Il maître patissier, formatosi tra Germania, Scozia, Londra, grandi città asiatiche e infine approdato in Italia, racconta il suo locale rinnovato e l’amore per la città che l’ha adottato dal 1989. E per rendere omaggio a Milano ha di recente creato una collezione di dieci torte chiamate Extreme Knam.

DI Simone Zeni

17 March 2016

Partiamo dal principio. Com’è iniziata la sua passione per la cucina e nello specifico per la pasticceria?

È cominciato tutto quando ero bambino, mentre ero immerso nei profumi e nei sapori dei biscotti fatti in casa da mia mamma.

Certamente importante, nel suo percorso, è stato Gualtiero Marchesi. Che cosa ha imparato da lui?

Una cosa fondamentale. Mi ha insegnato che per preparare un piatto perfetto devi sempre togliere e non aggiungere.

Ha avuto altri maestri o riferimenti cui si è ispirato durante il percorso che l’ha portata fin qui?

In ogni posto in cui ho lavorato ho trovato dei punti di riferimento importanti, e nel bene o nel male, penso che si impari sempre, basta prendere dalle persone ciò che si ritiene che vada meglio per sé. Ho fatto un percorso ben preciso, scegliendo con cura dove lavorare, in modo da fare esperienze che si differenziassero l’una dall’altra. Per esempio, ho svolto l’apprendistato di pasticceria al Kressbronn Caffè

Marshall, dove ho costruito le “fondamenta del mio palazzo”. Poi, mano a mano, ho eretto i muri, iniziando dal Bayerischer Hof in Germania, continuando con il The Gleneagles Hotel in Scozia, dove ho approntato grandi buffet, passando poi al Dorchester di Londra con Anton Mosimann, in cui curavo

i dolci al piatto nel ristorante 2 stelle Michelin, per arrivare poi al Noga Hilton a Ginevra e alla pasticceria francese classica nel ristorante 2 stelle Michelin Le Cygne. A Tokyo, Hong Kong e Singapore, nei grandi alberghi a 5 stelle con cucina asiatica, è nato l’amore per il Giappone. Alla fine sono approdato al ristorante di Gualtiero Marchesi, con 3 stelle Michelin, qui in Italia, da dove non me non sono più andato.

Ha appena elencato una notevole serie di esperienze all’estero, a partire dalla Germania, suo Paese d’origine, fino all’Asia. Cosa l’ha portata in Italia nel 1989?

Oltre a Gualtiero Marchesi che mi chiamò a lavorare al suo fianco, direi la passione per la lingua italiana e per l’Inter.

Il suo punto vendita di via Anfossi 10 a Milano ha da poco rinnovato i propri spazi. Cos’è cambiato nel locale in questa sua nuova versione?

Tutto! Ma bisogna venire a constatare di persona, ci vorrebbero troppe parole per raccontare tutte le novità.

È cambiata la sua clientela da quando è diventato un personaggio del piccolo schermo?

Decisamente sì. Entrare in casa di milioni  di italiani significa che tutto il Paese ti conosce ed eventuali errori nelle preparazioni sono più visibili. Inoltre ci sono molte persone che vengono solo per visitare il negozio e per conoscermi e questo ovviamente non può farmi che piacere.

Usciamo dal campo professionale e parliamo di salato. Quali piatti le piacciono?

Non saprei dire un piatto che prediligo rispetto ad altri, dire tutti quelli che sono preparati bene.

C’è un ristorante a Milano che ama particolarmente?

Per cena, il ristorante Wicky’s in corso Italia 6, il più giapponese dei giapponesi; per pranzo preferisco i manicaretti di mia suocera a casa.

Cosa le piace della zona in cui si trova il suo locale?

Che è come un piccolo paese dentro Milano, mi sento a casa.

È la zona di Milano cui è più legato? Perché?

Sì, anche il ristorante di Gualtiero Marchesi era qui nelle vicinanze. Come zona è perfetta: in dieci minuti sono in Duomo, in altri dieci a Linate, le autostrade sono vicinissime, così come il verde. Il nostro locale storico, è qui da 23 anni e tutti mi conoscono, quando dico di sentirmi a casa, è proprio così.

Articolo pubblicato su Club Milano 30, gennaio – febbraio 2016. Clicca qui per scaricare il magazine.

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