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LIFESTYLE

Prima l’ambiente

14 October 2019

I riflettori dei media mondiali si sono rivolti, negli ultimi anni, all’emergenza ambientale e, di questa, c’è un aspetto in particolare che ci tocca molto da vicino: si tratta dell’inquinamento da plastica. Ogni anno, infatti, vengono scaricate negli oceani otto milioni di tonnellate di plastica. Per dare un po’ di numeri: l’Unione Europea solo nel 2016 (dati Legambiente) ha consumato 60 milioni di tonnellate di plastica e l’Italia ne è il secondo produttore europeo con circa 7 milioni di tonnellate all’anno. Il Mar Mediterraneo, per di più, che ha appena l’1% delle acque mondiali, vanta la presenza del 7% di microplastiche. Insomma, dalle spiagge indiane alla marina di Napoli, tutto il mondo è paese. Molti, forse, avranno sentito parlare del Pacific Trash Vortex, una gigantesca isola di rifiuti di plastica in mezzo all’oceano Pacifico, grande quanto la Penisola Iberica. Ebbene, non è l’unica: se ne sono create altre e una è proprio al largo delle nostre coste, tra Italia e Spagna.

Troppe cattive notizie? È il momento di darne qualcuna buona o, se non altro, che fa ben sperare. Prima abbiamo nominato l’Unione Europea: la nostra “casa collettiva” a marzo 2019 ha approvato una direttiva per mettere al bando a partire dal 2021 alcuni oggetti di plastica usa e getta, come posate, cotton fioc, cannucce, bastoncini per i palloncini. Nella normativa non sono menzionati i bicchieri monouso e, per quanto riguarda le bottigliette, non ne verrà vietato l’utilizzo, ma è previsto un progressivo aumento della percentuale di bottigliette prodotte con materiale riciclato. Sembra poco, ma sono piccoli gesti che, sul lungo termine, possono avere un grande impatto.

Un’altra buona notizia viene dall’Italia dove molte amministrazioni comunali hanno deciso di agire subito, senza aspettare il 2021 e ampliando l’attenzione a elementi non menzionati dalla normativa UE (come le tanto dibattute bottigliette di plastica). Le normative comunali, che hanno interessato soprattutto le zone costiere, hanno fatto per la gran parte capolino in primavera, strizzando l’occhio alla stagione estiva e al conseguente cimitero di piattini, bicchieri e chi più ne ha più ne metta, che ogni anno vengono disseminati sulle spiagge. Molise, Puglia, Toscana, o singole municipalità come Napoli e Palermo, hanno fatto accordi con i gestori dei lidi per vietare la vendita di oggetti di plastica monouso e sensibilizzare i bagnanti. Si pensi che l’indagine Beach Litter 2019, che ha monitorato 93 spiagge italiane, ha censito oltre 90.000 rifiuti (968 ogni 100 metri!) rilevando che l’81% è di plastica. A Milano non c’è il mare, ma il Comune, in concerto con Legambiente, la onlus Worldrise e altre associazioni, ha dato vita a Milano Plastic Free, una campagna per promuovere gli esercizi commerciali che riducono la plastica usa e getta. La sperimentazione è partita da un locale ormai storico la Santeria, e da alcune vie dei quartieri Isola e Niguarda, ma sta conquistando velocemente altri locali della città. Agire sulla nightlife è molto importante: pensiamo a quanta plastica consumiamo in un anno di aperitivi! E plastic free non significa certo ritrovarsi a maneggiare piatti di ceramica e bicchieri di vetro a bordo strada: le alternative sostenibili e compostabili sono molte. E il resto del mondo? Non è tutto rose e fiori. Gli Stati Uniti, per esempio, sono usciti dagli accordi di Parigi sul clima e solo alcune città (come New York, San Francisco e Seattle) promuovono pratiche plastic free. Anche a est la situazione non è migliore: per fare un esempio possiamo guardare alla Thailandia, che fa di tutto per sensibilizzare i turisti con opuscoli sul tema della plastica, ma ha le spiagge invase da rifiuti vecchi anche di decenni e che, per via delle correnti marine, continuano ad accumularsi. Del resto, come ha detto l’astronauta Luca Parmitano, affacciandosi sul mondo dalla Stazione Spaziale si vedono i deserti avanzare e i ghiacci squagliarsi. Il riscaldamento globale è un grande nemico e, solo in Europa, il mercato della plastica provoca l’emissione di 400 milioni di tonnellate di anidride carbonica. La strada da fare è ancora in salita, ma con buone pratiche e un’attenzione costante possiamo contribuire al cambiamento.

Articolo pubblicato su Club Milano 52 settembre – ottobre 2019. Clicca qui per scaricare il magazine.

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